Il petrolio è la materia prima più preziosa al mondo. Indispensabile al settore più importante dell’indu- stria chimica, cioè la petrolchimica. Viene negoziato alla stregua di una qualsiasi altra “commodity” in un mercato globale che non si ferma mai. Ventiquattro ore su ventiquattro è possibile acquistare e vendere barili di “oro nero” (un barile cor- risponde a centocinquantanove litri). Le borse dei prodotti petroliferi derivano storicamente da quelle nate per trattare i metalli, il grano, il caffè, ecc. Elemento essenziale di queste borse è la “volatilità” dei prezzi. Dalla fine della seconda guerra mondiale (1945) al 1971 le oscillazioni del prezzo del petrolio rimasero entro limiti molto contenuti. Nel 1972 in seguito alla guerra del Kippur tra Egitto e Israele il prezzo iniziò a salire e raggiunse – spinto in una seconda fase dalla rivoluzione Iraniana - quaranta USD al barile. In seguito ci fu il cosiddetto “collasso del prezzo” del 1986 (USD quattordici al barile), con lievi riprese dovute all’invasione del Kuwait da parte dell’Irak. Nel 1999 il prezzo del barile scese a dieci USD. L’invasione dell’Irak da parte degli Anglo-Americani diede avvio a una risalita del prezzo che raggiunse il picco massimo di centoquarantasette USD al barile l’11 luglio 2008. Da quel giorno è iniziata la più importante caduta del prezzo, mai constatata nella storia dell’ “oro nero”. Il 18 dicembre 2008, ossia cinque mesi dopo aver raggiunto la vetta più alta, il prezzo del barile è sceso a trentadue USD. Una certa ripresa c’è stata nel frattempo e a fine maggio 2009 il prezzo è risalito a sessantaquattro USD. La recessione innescata dalla crisi dei “Subprime” negli Stati Uniti e dal collasso delle primarie banche e società di assicurazione ha inciso in modo notevole sulle quotazioni del petrolio. Non si può però negare la posizione dominante del petrolio che anche in futuro coprirà la maggior parte del fabbisogno di energia. A questo punto nasce spontanea la domanda: saranno in grado i Paesi produttori di petrolio di soddisfare il fabbisogno futuro degli Stati industrializzati, delle Nazioni emergenti e soprattutto della Cina? Nazione che tra qualche anno arriverà a consumi pari o forse superiori a quelli degli Stati Uniti. Dall’ottobre 2008 ad aprile 2009 l’industria petrolifera ha cancellato progetti per un valore di cento- settanta miliardi di USD. Ciò significa una minor capacità di produzione di due milioni di barili al giorno. Nello stesso periodo progetti per aumentare la produzione giornaliera di 4,2 milioni di barili al giorno sono stati rinviati di diciotto mesi. La perdita di produzione in seguito alle cancellazioni e ai rin- vii di cui sopra rappresenta il 7,5% del fabbisogno mondiale che è di ottantatre milioni di barili al gior- no. I Governi e le Banche centrali dei più importanti Paesi del mondo si stanno attivando per rilanciare la congiuntura. La ripresa economica porterà a un rapido aumento del fabbisogno di petrolio e sicura- mente – lo conferma la IEA ( Internationale Energieagentur ) - i Paesi produttori e le Aziende petrolifere non saranno in grado di soddisfare la domanda. La IEA prevede che già nel 2012 l’offerta non coprirà la domanda e l’esplosione del prezzo del petrolio sarà inevitabile. La situazione esposta ci porta alla conclusione che nonostante la volatilità e i rischi che può compor- tare l’investimento negli ETF/ ETC del petrolio chi ha coraggio e pazienza sarà premiato. Non possia- mo dimenticare che il petrolio ( benzina, diesel, derivati del petrolio, ecc. ) è come il cibo: non si può farne a meno!
2 Giugno 2009