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               Il futuro dell'oro

Oro

Nel 2014 la produzione (estrazione) di oro ha subito un discreto aumento:

3114 tonnellate. Per il 2015 tenuto conto dei risultati dei primi tre trimestri dell’anno si prevede una stabilizzazione.

Il crollo del  prezzo dell’ oro del 45% rispetto al picco del 2011, la posticipazione di numerosi progetti da parte non solo di aziende piccole e medie, ma anche dei giganti del settore ( Barrick Gold, Newmont Mining, ecc.) e l’aumento dei costi di produzione ridurranno in futuro il potenziale disponibile delle aziende produttrici per generare volumi superiori.

Si deve inoltre tener conto che il tempo che intercorre tra la scoperta e l’inizio della produzione si aggira attualmente su una durata di circa 25/30 anni e che le scoperte di nuovi giacimenti sono in netto calo.

La volatilità del prezzo dell’oro che da USD 1'900.- nel 2011 è sceso a USD 1'068,30 ( 24 dicembre 2015 ) lascia nell’incertezza molti investitori.

Rivoluzioni, guerre, terrorismo e milioni di persone che fuggono dai loro Paesi e stanno invadendo l’Europa, sono problemi gravissimi che potrebbero distruggere le già fragili economie di parecchi Paesi asiatici e avere riflessi negativi su un’Unione Europea già fragile per i contrasti interni.

Il 15 dicembre 2015 è terminata negli Stati Uniti l’era del dollaro a “costo zero”. La FED ha aumentato i tassi d’interesse dallo 0,25% allo 0,50%. Si tratta del primo e prudente aumento dal 2006. Non ci sarà pero’ una rapida  normalizzazione della politica monetaria poiché anche nove anni dopo il crollo l’economia USA non ha raggiunto la serenità precrisi. Il numero dei disoccupati si è dimezzato in 78 mesi, ma la situazione non è rosea come viene dipinta dalle statistiche se si considera il numero dei cittadini ancora a carico dell’assistenza statale.

L’inflazione è molto bassa ( 0,4% ) e si è ben lontani dal 2% che si vorrebbe raggiungere.

Gli interessi bassissimi hanno favorito l’indebitamento delle aziende spingendole all’acquisto di azioni proprie invece di investire nello sviluppo. Nè quantità, né qualità degli utili delle aziende convincono e gli investimenti sono molto deboli.

L’aumento esagerato del mercato azionario non è dovuto ad una forte ripresa dell’economia, ma alla politica monetaria spinta all’eccesso.

Se per gli Stati Uniti c’è uno spiraglio di ripresa per l’Unione Europea  (UE) eccezion fatta per la Germania – la situazione rimane sotto l’influsso di una disintegrazione strisciante. Con grave ritardo si è deciso di seguire l’esempio della FED e l’attuale spinta monetaria della Banca Centrale Europea arriva con anni di ritardo. Le decisioni vengono prese con dibattiti infiniti e spesso senza il consenso di tutti gli Stati membri. Il pericolo che l’Inghilterra ( Brexit ) se ne vada e la situazione in altri Stati, dove i partiti definiti

(forse a torto ) “populisti” stanno ottenendo di anno in anno sempre maggiori consensi, è latente. La disoccupazione nell’ Unione Europea ( 28 Stati ) ammontava a fine ottobre 2015 a 22,5 milioni di persone ( 10,7%). Spaventa inoltre la percentuale dei disoccupati con meno di 25 anni che era del 22,5%.

La politica monetaria della FED e della BCE hanno portato il debito pubblico a livelli stratosferici. La FED ha iniziato con un leggero freno, mentre la BCE è obbligata,vista la situazione  di molti Stati, a fornire liquidità per dare respiro all’economia.

Il debito pubblico mondiale attuale è di circa USD  57'700'000'000'000.-, ossia cinquantasettemilasettecento miliardi. Al primo posto della classifica troviamo gli Stati Uniti e al terzo l’Italia.

Il prezzo dell’oro, attualmente sui 1'100.- USD non è destinato a lunga scadenza a scendere, ma bensi’ a ricuperare il terreno perso in seguito alla crisi, poiche’:

1)  La produzione e l’offerta mondiale – compreso l’oro di ricupero – non tiene, né potrà tenere in futuro il passo con il fabbisogno del mercato;

2)  L’aumento sconsiderato dell’emissione di valuta e del debito pubblico di molti Stati erodono la fiducia dei cittadini nella moneta cartacea;

3)  I Fondi d’investimento, le aziende e i privati che in seguito alla crisi sono stati costretti a vendere quantitativi importanti di oro torneranno a riacquistarlo;

4)  L’aumento dei tassi d’interesse e la spinta inflazionistica che ne deriverà e permetterà ai Governi di svalutare gli enormi debiti pubblici accumulati (vedi esperienze del secolo scorso) faranno crollare la fiducia nella moneta cartacea e spingeranno sempre piu’ gli investitori verso l’oro.

5)  Non dobbiamo dimenticare che alla fine dell’anno 1970 ( ossia 45 anni or sono) l’oro quotava USD 37.-  ( trentasette dollari) l’oncia.

 

Chi investe nell’oro deve tener presente che non si tratta di speculazione, ma di  investimento a lunga scadenza, destinato alla protezione del potere d’acquisto dei propri risparmi. 

 

28 dicembre 2015

 

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